Un maggio fitto di impegni

Il periodo che va da fine maggio a inizio giugno è uno di quelli più interessanti per un appassionato di enologia. Infatti, con la bella stagione vengono organizzati diversi eventi dedicati al vino. antineaperte

Immancabile è il consueto appuntamento con Cantine Aperte (2013); quest’anno, Tempodivino ha scelto la terra del vino italiano che, forse, è il più noto al mondo: il Brunello di Montalcino. In realtà, dato che andremo in zona ci fermeremo anche a Montepulciano per conoscere meglio il Rosso e Vino Nobile.

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Ma, dopo una sola settimana, un altro evento ci vedrà impegnati: Franciacortando. Come dice il nome stesso, questo secondo evento non è su scala nazionale, ma dedicato alle bollicine della zona appena a sud del lago d’Iseo. Il programma è fittissimo e adatto veramente a tutti: non mancheranno spettacoli teatrali, mostre fotografiche, intrattenimento per bambini e tanto altro. Ovviamente il tutto accompagnato da sane degustazioni.

Non ci resta che equipaggiarci e partire!

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La Verticale del Tasso

Terminati i racconti dell’esperienza bordolese, torniamo con un articolo su un vino italiano prodotto vicino a Bolgheri, in Toscana, e che molto deve ai suoi illustri parenti d’Oltralpe.

Qualche tempo fa, infatti, a Milano abbiamo avuto la fortuna di partecipare a un evento molto particolare, la verticale di Guado al Tasso, uno dei vini “bandiera” dell’omonima tenuta dei Marchesi Antinori, cognome che forse avrete già sentito o letto sulla facciata di qualche “palazzetto” fiorentino (vd. Antinori).

Ci siamo ritenuti fortunati per due motivi: innanzitutto è una grande occasione bere un vino di una tale caratura; la seconda motivazione è il fatto che la verticale stessa è una grande esperienza e, se fatta per un vino di qualità, permette di vivere l’evoluzione nel tempo della tecnica enologica di una determinata proprietà. In verità, un altro motivo per il quale l’esperienza è stata unica è che il vino Guado al Tasso 2008  si è aggiudicato il primo posto nella classifica mondiale dei Top 100 Cellar Selections 2012, secondo la rivista americana WineEnthusiast.

WineEnthusiastCerto, le classifiche redatte dagli americani tengono conto della facilità con cui i vini possono essere acquistati negli Stati Uniti e questo criterio potrebbe escludere delle eccellenze europee. Comunque sia, il riconoscimento è importante ed è a livello globale. E proprio quel vino, appena versato nel bicchiere,  ha espresso immediatamente la sua eccezionale personalità, emanando un profumo di grande intensità.

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Massimo di WineTip non delude: l’organizzazione è perfetta e la preparazione come sempre ottima. I bicchieri, numerati, vengono riempiti partendo dal vino più giovane fino a quello più maturo. I tempi sono importanti. Dopo il 2008 vengono poi serviti il 2005, il 2001, il 1998 (considerato dal Marchese il miglior risultato degli anni ’90) e il 1995.

Guado al Tasso è un Super Tuscan giovane (in generale, i Super Tuscan sono vini nati in tempi recenti, il primo dei quali è stato il celebre Sassicaia nel 1948): il “tentativo” iniziale risale infatti al 1990 e gli ultimi due di questa verticale risentono ancora di  una certa “inesperienza“, se così si può dire.

Il primo – annata 2008 – è incredibile: un profumo così intenso da riempire il naso a un metro di distanza. Estremamente fruttato, fa prevalere il Cabernet “ingentilito dai venti di tramontana che soffiano sulla tenuta”.

Nel 2005 si sente che le componenti terziarie avanzano progressivamente e la morbidezza attenua le componenti forti presenti nel primo. Notevole è la componente erbacea di questo vino quasi didattico, che esprime molto bene il fieno e l’erba appena tagliata.

Il terzo vino entusiasma poco i presenti, mentre il quarto, annata 1998, coerentemente con i primi due, esprime al meglio le spezie dolci maturate in quasi 13 anni di bottiglia e 18 mesi di barrique: la sua complessità è ottima e tra i riconoscimenti, in sala, si parla di “camino appena spento”, cenere e “caramello bruciato”. Riuscire a identificare tutte le componenti è difficile, quasi impossibile.

Il vino più datato risulta un po’ torbido e ciò non stupisce: forse per l’annata, forse per un’esperienza da affinare o perché offuscato dagli altri.

Al termine, si vota per scegliere il vincitore della serata. Nella classifica dei degustatori, la preferenza è netta e premia l’armonia espressa meglio dal 1998. Il prezzo invece risente del giudizio della rivista americana.

ClassificaGuadoAlTasso

Concludiamo la serata con una bella foto di gruppo per immortalare la nostra prima verticale di spessore.

Foto di gruppo

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Le cave di pietra di Saint-Émilion

Dicono che i palazzi settecenteschi di Bordeaux siano stati costruiti con la pietra estratta dalle cave che si trovano sotto il paese medievale di Saint-Émilion, meta gettonatissima sia dai bordolesi che amano fare gite fuori porta sia dai molti turisti provenienti da altre parti della Francia e anche dalla vicina Spagna.

Saint-Emilion

In effetti, il paesino è molto turistico e la proprietaria del B&B di Bordeaux dove abbiamo soggiornato ci avvisa che parcheggiare potrebbe essere difficile.

Un po' decadente

Effettivamente, all’ora di pranzo notiamo che alcune macchine sono state abbandonate addirittura tra i filari delle preziose viti. Del borgo visitiamo l’eremo del Santo e la chiesa monolitica.

Chiesa ipogea

Molto istruttivo il museo del vino, che permette di annusare le essenze che troviamo negli AOC della zona.

Ovviamente, oltre al paese visitiamo anche un paio di cantine, Villemaurine e Fonplegade.

carrièresLa prima organizza una visita estremamente interessante nelle (ex) cave di pietra sottostanti la proprietà.

Utilizzate in parte (solo in parte perché le cave si estendono per chilometri e chilometri) come cantina di affinamento per le barrique, diventano anche una scenografia particolare in cui troviamo degli allestimenti che, attraverso luci, immagini, oggetti, suoni e racconti, coinvolgono i visitatori in un percorso nella storia del borgo e della regione.

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In alcuni punti, le cave ricordano quelle di gesso che abbiamo trovato a Reims, dove, però, il vino e la cava trovano un sodalizio perfetto completandosi vicendevolmente. Nella “decadente” Saint-Émilion, il connubio non è così perfetto: le due realtà sembrano stare insieme per un fortuito caso.

Dobbiamo dire che la visita è più storica che enologica: il vino che degustiamo a Villemaurine non ci sorprende; è buono, ma non troviamo in esso quel carattere che ci saremmo aspettati.

La seconda cantina è Fonplegade, una proprietà acquistata recentemente da una famiglia americana amante del vino e sapientemente rilanciata.

Fonplegade

Una ragazza cognaçaise molto preparata ci guida in una visita piacevolissima, in cui non manca nemmeno il momento ludico del riconoscimento degli aromi, perfetto per preparare l’olfatto alla degustazione più istruttiva di questo fine settimana: la guida ci passa dei boccettini di essenze e ci chiede di indovinarne il profumo. Forse disturbati da una location troppo intrisa di un persistente e intenso profumo vinoso, non riusciamo a riconoscere né la mora, né il caffè, né la rosa!

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Dopo aver visitato la cantina e allenato il naso, inizia la degustazione vera e propria: quattro vini, di cui due AOC Pomerol e due Saint-Emilion Grands Crus. Tutti grandi vini prodotti a partire dal Merlot che, nonostante i loro 13 gradi, ci vengono “venduti” come vini da aperitivo. I due Saint-Emilion incontrano maggiormente il nostro gusto: decisamente, il più apprezzato è il Fleur de Fonplegade, mentre lo Château è ancora troppo tannico, esprimerà tutta la sua potenzialità solo tra qualche anno. Che dire? Il miglior modo per spiegare l’esperienza è l’immagine che segue:

Fiche de Degustation

Se non fosse stato per la distanza, saremmo entrati nel prestigioso Club di Fonplegade; per il momento, non ci resta che  sognare i ricevimenti dei soci davanti alle vetrate di una proprietà situata in un territorio d’eccezione.

Club de vin

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Geologia della terra di mezzo

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Il simbolo dell’enologia francese è la torre seicentesca circolare di Château Latour che si erge sul vigneto dell’omonima proprietà; nella foto è ripresa un po’ da lontano, ma ci sembra la migliore testimonianza del nostro viaggio. E quella torre si trova nel comune di Pauillac, nella regione che i francesi chiamano Vignoble du Médoc, situata a una trentina di km a nord di Bordeaux.

Médoc significa terra nel mezzo delle acque e più precisamente si trova tra l’estuario fangoso del fiume Garonna e l’Oceano Atlantico.  Il terroir è unico al mondo: il suolo è formato da detriti alluvionali depositati su fondo sabbioso. Qui le colline sono appena accennate, quasi inesistenti e sono intervallate da jalles, ruscelli di evacuazione naturali che accompagnano l’acqua in eccesso verso la Garonna. Così, le colline trattengono pochissima acqua e le vigne sono costrette a sviluppare delle lunghe radici per potersi nutrire. Più la vigna soffre e maggiore sarà la complessità del vino prodotto; non a caso, siamo forse nella zona vinicola più rinomata del pianeta.

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Capitiamo in un periodo in cui le cantine sono impegnate con i primeur: scopriamo solo dopo la tradizione del luogo. A Bordeaux, infatti, il rapporto tra commercianti e châteaux è particolare. Le cantine imbottigliano i propri vini solo da tempi recenti: in passato, invece, era il négociant, in molti casi di origine inglese, a prendere in carico botti di vino di sei mesi dalla vendemmia, per poi occuparsi personalmente dell’affinamento. Oggi, il prezzo del futuro Grand Cru viene ancora deciso in primavera, quando le due parti si incontrano per scoprire in anteprima il nuovo vino e quotarlo. A metà tra tradizione ed economia moderna, in questo periodo pasquale i prezzi dei vini vengono così condivisi.

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Riusciamo comunque a trovare due châteaux che ci accolgono (su prenotazione): Beychevelle e Palmer, entrambi grandi nomi. Ci stupiscono molto la cura e la dedizione che vengono dedicate alla produzione di questi grandissimi vini. Impariamo il lessico francese: remontage, soutirage, collage con il bianco d’uovo e argille per il filtraggio. Impariamo che a nord (vicino a Pauillac) il vino è “maschile” (concentrazione maggiore di Cabernet Sauvignon) e a sud, dove troviamo il celebre Château Margaux, il vino è “femminile”; qui prevale il Merlot, con i suo aromi fruttati. Il confronto tra i due châteaux visitati è impossibile da fare, oltre che inutile. Entrambi sono delle cantine-museo e chi ci accoglie è molto preparato. A dir poco incredibile, il vino che ci viene offerto a Palmer: il suo valore medio è di 155 euro, un 2004 giovane, ma già estremamente complesso. La gamma di aromi è impressionante: un insieme di frutti rossi, profumi erbacei e spezie. Al gusto, il tannino non disturba affatto. Pronto da bere, ma con una giusta acidità che, infatti, porterà molto probabilmente ad una longevità eccezionale.

Chiudiamo l’articolo con un’altra immagine che fa emozionare qualsiasi enoappassionato… Vi assicuriamo che, dal vivo, l’effetto è ancora maggiore…

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